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Boia Dumond Lader – La tutina superpoterica

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[Link alla prima puntata]

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“Dove mi stai portando?” – chiese sempre più incuriosito Boia Dumond allo strano tizio, che lo guidava attraverso i bui corridoi di un palazzo del 1100 – “E quella bestia leopardata che scuote la testa minacciosa?!?”

 

“Non temere” – rispose l’altro – “è un pupetto del 1100. Andava di moda all’epoca, insieme alle code di volpi che fluttuavano nell’aria, appese allo specchietto retrovisore”.

 

 “Boati? Da dove provengono?”

 

“Non sono boati, ma bottoni. stiamo per entrare nella stanza dei bottoni. Faresti bene a tapparti le orecchie; a volte sono talmente forti che spaccano i timpani”.

 

“Che mi frega dei timpani? Mica suono, io!” – bofonchiò Boia contrariato.

 

“Dopo questa ne ho la certezza matematica” – annuì soddisfatto l’altro, mentre apriva una porta scricchiolante e lo invitava ad accedere e ad accomodarsi su una seggiola – “tu sei davvero l’uomo giusto, amico”.

 

Passarono alcuni attimi in silenzio. L’uomo misterioso era entrato in uno stato di catalessi nel quale Boia non poteva seguirlo, perché privo di valido passaporto. Poi, finalmente, il tizio dischiuse una cassettina che s’era portata dietro fino ad allora e, con tono solenne, chiese – “Che ne pensi di questi?”

 

“Di certo questi bottoni sono meno rumorosi degli altri” – rispose il tozzo ex commesso, agitando al cielo i corti braccini e dipanando un apprezzabile puzzo di fogna ascellare.

 

“Quali preferisci?” – proseguì il tizio – “Ce ne stanno di tutte le misure e di colori ne trovi quanti ne vuoi”

 

“Che ci faccio coi bottoni di varia misura, peso, colore, credo politico, sesso e religione?”

 

Il tetro interlocutore si diresse lentamente verso una vecchia credenza cui ormai non credeva più nessuno; aprì con un po’ di fatica uno dei cassetti e ne trasse fuori una tutina impolverata di colore giallo vomito metallizzato a squame mesozoiche. La scosse ben bene e, quando fu quasi certo d’avere sparso per aria due milioni almeno dei cento miliardi di migliaia di acari che la popolavano da anni, tanto che ne vantavano ben donde pro-quota la proprietà, in base all’istituto giuridico dell’usucapione, fece per porla al piccolo ometto grasso e tarchiato, che, però, si ritrasse d’istinto disgustato.

 

“Perché ti ritrai?”

 

“Lo faccio sempre quando mi schifo” – rispose Boia – “vedi? Qui è quando mi sono ritratto tra il pubblico del festival di Sanremo, qui ero dalla De Filippi; è stato terribile! Qua stavo leggendo della riforma pensionistica; noterai la mano mossa. Qui sono al Mac e…”

 

“Sei bravo, disegni bene” – si congratulò l’uomo, tagliando corto – “ora però riprenditi”.

 

“Non posso. Solo ritratti. Mai avuto i soldi per una videocamera”

 

“Riprenditi almeno la tuta da terra; sarà piena di polvere”

 

“La caduta non può che averla migliorata, credimi” – commentò Boia nauseabondo tra uno starnuto e l’altro, sollevando il tristo indumento da terra e tenendolo sospeso a mezz’aria con la punta delle dita. Indi, esclamò stizzito –“Insomma, continuo a non capire, stiamo mettendo su una sfilata di moda?”

 

“Mettiamo su il più grande spettacolo del mondo, mio piccolo becero commessucolo de noantri” – fece l’altro con un sorriso sinistro, dal momento che era mancino – “La sfida del secolo: Boia Dumond Lader, ovvero l’antitesi pura del supereroe vincente sapientemente rettificato, contro Hercul Bottom, ossia, il supereroe vincente. E’ un pericoloso criminale al quale va sempre bene, perché il culo l’assiste. Costantemente. Ha un culo enorme, che non fa mai cilecca; un culo instancabile, che fa i turni diurni e notturni. Non riposa mai. Mai un’ora di pemesso, mai una malattia, mai una defaillance, mai uno sciopero. Quel bastardo di un culo è sempre lì, pronto a tirarlo fuori d’impaccio!”

 

“Beato lui; il mio c’è solo quando…” – soggiunse Boia soprappensiero.

 

“Quando?” – incalzò l’altro.

 

“No, niente” – tagliò corto Dumond – “del resto, non è neanche vero. Spesso mi lascia a secco anche in quei momenti: soffro di stitichezza!”

 

L’uomo misterioso non poté fare a meno di dare uno sguardo di sbieco, fortemente intriso di pietà, a quel reietto che gli stava davanti accasciato mollemente sulla sedia. Uno sfigato puro: anche stitico. E che cazzo!”

 

“Perché ce l’hai con Er Culo?” – riprese Boia, infrangendo i foschi pensieri dell’altro.

 

“Io soltanto ce l’ho con lui? Noi tutti della Criminalpolli lo odiamo, dal profondo del cuore!!! Ci ha reso ridicoli con le sue rapine, che si concludono sempre rocambolescamente bene. Ma ora abbiamo finalmente l’arma giusta!”

 

“Ehm… io?!?” – fiatò appena Boia.

 

“Esatto, tu, piccolo ex commesso sfigatissimo spiegazzaabiti della malora! Ti abbiamo selezionato tra più di diecimila profili compatibili e sei risultato quello giusto. Al mille per mille!”

 

“Tra più di diecimila concorrenti? E sono venuto fuori io al mille per mille?” – ripeté Boia convulsamente.

 

“Esatto!”

 

“Sfiga di mer.. mi hai convinto, sono proprio l’uomo giusto!!!”. Detto ciò, Boia si lasciò andare all’indietro a peso morto sulla spalliera della sedia, che cedette miseramente e in pochi istanti fu sdraiato dolorante sul duro pavimento. Ancora una dura riprova della drammatica correttezza della selezione della Criminalpolli. 

 

“E’ chiaro che non sei ancora pronto!” – esclamò l’agente – “occorre prima procedere alla rettifica”.

 

“E’ la seconda volta che ne parli” – l’interruppe Boia preoccupato – “che intendi dire con “rettifica”, amico?”.

 

“Al tempo” – tagliò corto l’altro – “scegli i bottoni da applicare alla tuta e, quando l’indosserai, avrai finalmente i superpoteri e capirai!”.

 

“Mi sento tanto un vespino cinquanta da taroccare coi pezzi Polini primavera…” – sospirò Boia – “ok, scelgo i bottoni marroncini; no, non quelli, gli altri; quelli a destra, non so descrivere la tonalità, ma..”

 

“Marroncino “feci”” – precisò il tetro poliziotto con una smorfia di disgusto.

 

“Ecco, benissimo” – chiosò Dumond – “il marroncino “feci” va giù che è ‘na meraviglia sul giallo vomito metallizzato a squame mesozoiche della tuta!”

 

“Con i superpoteri” – continuò l’individuo mentre cuciva i bottoni – “sarai all’altezza di Bottom. Ti verrà un culo da paura” – Staccò il filo dell’ultimo bottone, soffocò a fatica in bocca una bestemmiuccia sgorgata dal profondo dell’io per essersi conficcato brutalmente l’ago nel dito indice e, infine, porse la tuta a Boia – “Ecco qui la tua mise da supereroe, pronta per essere indossata!”

 

“Di zecca, eh?” – rise sornione Dumond, alludendo alla colonia presente tra le fetide maglie dell’indumento. Prese la tuta, se l’infilò al volo e, tutt’a un tratto.. un terribile boato scosse le quattro pareti della stanza, seguito a ruota da un accecante nuvolone di fumo, che lasciò tutt’intorno un appestante olezzo di peli delle ascelle bruciati.

 

“Che cul..o!” – strillò allibito l’agente.

 

“Cul..o?!? Come fai a sapere che la tuta funziona di già?” – obiettò Boia – “Non ho fatto nulla! L’ho solo indossata e sono rimasto impalato in mezzo a ‘sta nebbia fognaria!”

 

“N-non lo dicevo nel senso di superpotere; mi riferivo a.. a.. a quello.. quell’ingombro che hai.. ehm.. lì, insomma.. dietro la schiena. E’ enormeeeeeee! Qualcosa non deve aver funzionato!!!”

 

“Dici? Ahia.. porc!!! Ma che è?!?” – Escalmò disperato Dumond, brutalmente incastrato per il di dietro tra un bracciolo del divano e lo spigolo d’una libreria. [To be continued]

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